sabato 31 agosto 2013

Osteria Fernanda. "Siori e Siore, l'Amatriciana."

Ecco, Dio benedica quest'osteria e punisca subito a suon di clientela vegana e celiaca tutte le altre che si sentono le Regine/Re e i padroni indiscussi di questo sublime piatto. Perché non c'è storia, di fronte all'amatriciana dell'osteria Fernanda non siete nessuno, sappiatelo.
Fin'ora è l'amatriciana più goduriosa che io abbia mai assaggiato.
Cremosa da coccolarti il palato, dolce, con il sor guanciale che si pavoneggia in cima al piatto...buono lui così croccante e saporito. Tra le osterie che negli ultimi tempi spuntano a Roma come i peli incarniti dopo la ceretta, questa è sicuramente una di quelle che bisogna provare.




giovedì 29 agosto 2013

L'Osteria di Monteverde. Ci teniamo alla vostra linea.

Oh... Qui, prima di tutto, devo fare un ringraziamento speciale allo chef per non avermi fatto ultimamente aumentare di peso. Oh grande cuoco, il mio giro vita ti ama! Ma la mia panza decisamente no. E' da diverso tempo ormai che vizio le mie voglie gastronomiche con i piatti di questo piccolissimo ma grazioso locale, e devo comunque ammettere che, a parte le porzioni che da un po' di tempo so' fatte con il contagocce, è sempre un piacere.
L'arredo è quello di una volta, della classica osteria romana: semplice, di legno, caciarone e dall'atmosfera calda e accogliente. C'è chi potrebbe storcere la bocca per la troppa confusione e la troppa vicinanza dei tavoli, ma per le mie orecchie è 'na gioia. Diventano delle super parabole che captano i discorsi dei vicini, e magari si inizia a interagire, a commentare, a consigliare un po'. Insomma, a me la portinaia di casa mi fa un baffo.
Io qui ci mangio sempre bene, è tutto veramente buono, dalla carne al pesce, passando per i primi tipici romani a quelli dagli abbinamenti più azzardati, e chiudendo con i dolci. Il problema vero sono le porzioni che ti fanno increspare i capelli.
Soprattutto quelle degli antipasti e dei dessert.

martedì 27 agosto 2013

La Gatta Mangiona. Un gioiello di pizza.

Monteverde. Storico quartiere di Roma, residenza esclusiva di vecchi e di bambini. In questi ultimi anni si è cercato di farlo evolvere da meta per anziani a meta di interessanti ristoranti. Ed è in questo contesto che si colloca la gioielleria/pizzeria dal sapore napoletano "La Gatta Mangiona".
Con un menù ricco di prelibatezze, da far impallidire gli indecisi e inorridire lo chef Cannavacciuoli di "cucine da incubo", noto per i suoi tagli drastici ai menù, riducendoli in tre primi, tre secondi e due dolci, la Gatta Mangiona soddisfa ogni palato.
Io ci vado spesso, di solito il 27 del mese che entra lo stipendio, perché purtroppo non è la classica pizzeria da "se famo na pizza e na birra in compagnia", visti i suoi prezzi decisamente elevati.
Facciamo un bel esempio: una semplice bruschetta Ajo e Olio cosa "solo" 3 euro; un supplì tradizionale 2 euro e una classica margherita 8,50 euro.
Quando ci sono stata la prima volta e ho visto il prezzo della bruschetta, mi son venute due ciocche bianche da far invidia a Crudelia Demon. Devo dire però di non averla mai ordinata perché non è che mi stai dando un intero filone lariano, ma una fetta di pane (forse e spero due), e la mia coscienza mi ha sempre impedito di assaggiarla. Sicuramente mi sarò persa l'undicesima meraviglia del mondo, ma ho sempre consolato le mie papille buttandomi su altre sfiziosità, come i calzoncelli.

lunedì 26 agosto 2013

Osteria Tutto Qua ...de che?

Qualche tempo fa sono andata a cena in un piccolo ristorantino dal nome davvero curioso. Un tempo era un evergreen usare il nome del proprietario, soprattutto se romano ( Felice, Remo, Augustarello, etc.. etc...), ora se non sono avverbi, aggettivi o preposizioni pluriarticolate il tuo locale è out, caro mio.
E il nome di questa nuova osteria è..."Tutto qua".


Subito ho pensato "de che?"..."tutto qua" per la poca scelta dei piatti presenti nel menù?  O "tutto qua" per il (magari) conto non troppo esoso, oppure per il piccolissimo spazio del locale? Allora, dato che il menù non è poi così povero, anzi... ci sono anche scritti su una lavagna i piatti del giorno, non credo che il nome possa riferirsi a questo; rimangono in lista le altre due opzioni.
Fino alla fine della serata speravo davvero che si riferisse al conto, e così,  al momento di pagare, me ne stavo come la vecchia di 90 anni che ha appena infilato il suo ultimo gettone nella slot machine e incrocia le dita artritiche nella speranza di potersi godere gli ultimi giorni della sua vita a ballare con Ricky Martin su una spiaggia dei caraibi.

sabato 24 agosto 2013

Caffè Propaganda. L'insostenibile leggerezza del portafoglio.

Finalmente, dopo tanti mesi che rincorrevo questo ristorante, sono riuscita ad andarci, e soprattutto in un orario decente. Eh sì, perchè qui hanno avuto la malsana idea di organizzare la cena in 2 turni: le 20,30 o le 22,30. Se vuoi mangiare alle 21,00 te lo sogni ed è meglio che vai dal paninaro fronte colosseo.
Comunque, il risto/bistrot è esteticamente molto carino, lo stile è il super gettonato bistrot parigino di primi novecento, a quanto pare in questi ultimi anni una vera moda che ha contagiato i ristoranti che vogliono essere superfighi. Non credevo che ci fossero anche in questo settore delle tendenze da seguire. I must have sono:
  1. la lavagna. Se no i piatti del giorno dove si scrivono? Eh! Mica si possono ricordare a memoria  o appuntare su un blocchetto, siamo chic ecchecazzo;
  2. l'acciaio. Come rendere un locale caldo se non con l'uso dell'acciaio che fa tanto retrò? Un tuffo in un passato pieno di glamour e di cascate di perle e boa;
  3. i tremendi (a mio avviso) divanetti di pelle scura che d'estate ci lasci sopra mezza chiappa.


venerdì 23 agosto 2013

Primo al Pigneto. Siamo contro l'alitosi.

Per me questo quartiere ha da sempre rappresentato la parola "libertà" in tutte le sue forme. Un posto caciarone, dove poter dare sfogo ai propri istinti animaleschi e dove liberarsi dalle convenzioni della società. In sostanza, allontanarsi dalla vita piena di "buongiorno, buonasera, prego si figuri, e tante care cose". Ok, il quartiere è in evoluzione, nascono ristoranti di ogni genere più o meno gourmet, ma perdincibacco non dimentichiamo il calore e la convivialità propri di questa zona.
E purtroppo Primo, per quanto buono possa essere, cozza con l'ambiente circostante e l'etichetta, in qualche modo, la fa da padrona. Il posto è freddo e asettico e non ti senti libero di sbottonarti neanche il primo bottone della camicia, figuriamoci quello del pantalone... Il menù rispecchia pienamente l'immagine del locale: poca scelta e piatti ricercati. Si ha l'impressione di trovarsi in un ristorante scicchettoso però poi mi caschi sulla menta, usata come fosse prezzemolo.

Per cominciare ho preso una "crocchetta di baccalà su un letto di insalata di cipolle e capperi". Ora... c'era più menta lì che in un pacchetto di vigorsol. Peccato, perché la crocchetta in sé era buona.
Ma anche il primo non è stato da meno, una vellutata di zucchine e seppia croccante al sapore d'alta montagna. No, no, non ci siamo davvero. E dato che non ero ancora soddisfatta del mio alito, una tenera tagliata con contorno di menta per sciacquarmi la bocca. Mi sono fermata qui, non ho preso il dolce perché ormai mi ero rinfrescata abbastanza.